Alfa Romeo Spider 3.0 V6 12v

Anno: 2000 | Motorizzazione: 2959 cc | Colore: Grigio Eclisse

E’ il 23 marzo del 2000, l’Europa non conosce ancora la moneta unica, in Italia una Fiat traballante annuncia uno storico accordo con GM che lascia presagire un futuro nero per l’industria automobilista nazionale. E in quei giorni, a Berlino, viene consegnata al suo primo proprietario l’auto che 18 anni dopo avrei riportato a Torino: un’Alfa Romeo Spider 3.0 V6, full optional, grigio eclisse con interni in pelle rosso Jerez.

Io stavo per compiere 14 anni, conoscevo a memoria il listino Quattoruote e per me era l’auto dei sogni. Era un’Alfa Romeo era una Spider, era un 3000, era un 6 cilindri, aveva una linea così diversa da tutte ed era introvabile: passavo in rassegna ogni portellone delle Spider che incontravo per strada, ma erano tutte inesorabilmente 2.0 Twin Spark.

Nel mezzo una vita, motorino, diploma, moto, auto, una laurea in ingegneria, un lavoro nel mondo dei motori, un matrimonio…

E in un attimo siamo nell’autunno 2018, è settembre, sto cenando in un ristorante nel sud della Germania con un collega del posto. Arrivati alla fine come sempre si parla di auto. Lui mi parla del suo sogno da ragazzino (una E31 v12) ed io del mio e del perché non posso scendere al compromesso e prendermi una Z3, un Boxster o una SLK.

La Spider (progetto 916) è stata l’ultima auto prodotta negli stabilimenti di Arese, stabilimento nel quale nasceva anche il motore. Ultimo anche lui ad uscire dai tecnigrafi del team dell’ingegner Busso.

Frenata da un listino abbastanza pesante (sopra gli 80 milioni) la combinazione tra la spider e il 6 cilindri è stata particolarmente rara, in 10 anni di produzione sono state prodotte poco più di 5.000 spider con il v6 nelle sue evoluzioni (3.0 12v, 3.0 24v, 2.0 V6T, 3.2 24v) su un totale di quasi 40.000 spider uscite dallo stabilimento di Arese fino al 2000 e dai cancelli di Pininfarina fino al 2004.

Lui mi dice che in Germania erano arrivate quasi tutte con il V6, e così ci mettiamo alla ricerca e alla fine con un colpo di fortuna arriva quella giusta. Ora si trova ad Amburgo, ha 72 kkm ed è come la voglio io: seconda serie, 12 valvole, interni rossi, tetto elettrico, colore sobrio, made in Arese. Il proprietario è un appassionato, mandiamo un meccanico di fiducia a vederla con il mandato di prenderla se è a posto. Io vivo il tutto a distanza aspettando la telefonata che non arriva.

Alla fine il telefono suona, prefisso +49, rispondo: ora capisce il perché la stessi cercando e negli 800 km di autostrada che lo separano da casa sua è letteralmente entusiasta “what a car! what a sound!”.

Inutile dire che la settimana parto con un amico per andarla a prendere, sbrigate le pratiche è finalmente mia. Mi siedo al volante, giro la chiave, il “Busso” sia anima, e siamo pronti ad affrontare il viaggio fino a Torino: 1000 km di pioggia e neve ma il viaggio è indimenticabile.

L’ingresso in Autobahn ci toglie il fiato, seconda, terza, quarta il suono invade l’abitacolo. No non è un volgare rumore di scarico, è un suono di aspirazione, di distribuzione, di 6 cilindri che salgono sopra i 5000 rpm e sembrano non finire mai. Poi arriva il Brennero, e mi accorgo che attorno al motore c’è anche una macchina, sta in strada, è veloce, frena, il temuto sottosterzo è assolutamente da accantonare nelle paranoie.

Arrivo a casa, la parcheggio in garage, ce l’ho fatta.